Negli ultimi anni, grazie anche alla bull run che ha coinvolto il settore delle criptovalute, il termine Web3 è diventato ormai comune per tutti coloro che seguono l’espansione del mondo digital.
Eppure c’è chi sembra essere un passo avanti a tutto questo: il futuro non è il Web3 ma addirittura il Web5.
Stiamo correndo troppo? intanto fermiamoci e facciamo ordine.
Cosa è il Web3
Il termine nasce nel lontano 2014 ed il primo a pronunciarlo fu Gavin Wood, co-fondatore di Ethereum, la seconda criptovaluta più capitalizzata del mercato.
La necessità di catalogare il Web nasce per dividere e mettere ordine tra le innovazioni digitali. L’evoluzione del Web infatti è stata segnata dal susseguirsi di ere: la prima, quella del Web1, dal 1990 al 2005 circa, e quella del Web2, dal 2005 al presente.
Non siamo ancora effettivamente entrati in questa nuova era di Internet, in quanto il passaggio da un’era all’altra richiede diverso tempo: non solo per questioni tecnologiche ma anche di consapevolezza da parte delle persone.
Quando si parla di Web3 non bisogna pensare a qualcosa di specifico e ben delineato, ma piuttosto ad un insieme di idee sul futuro di internet e qualche primo esperimento più o meno funzionante.
I temi chiave sono la decentralizzazione e la proprietà dei contenuti. Le opportunità offerte rappresentano la golden age dei content creator e degli artisti: sembra un concetto strano, ma tutto ciò che produci su internet è tuo e puoi decidere come e se monetizzarlo. Esattamente il contrario di ciò che accade oggi, dove i creatori di contenuti devono stare alle regole delle grandi piattaforme come Youtube o l’ecosistema Meta.
Insomma, è chiaro che si tratterebbe di un cambiamento epocale.
Perché già si parla del Web5?
Anche in questo caso dietro al Web5 è presente una figura, diciamolo, leggendaria: Jack Dorsey, un imprenditore statunitense conosciuto principalmente per aver fondato Twitter.
La società Block, anch’essa fondata da Dorsey, ha recentemente annunciato l’intenzione di costruire un nuovo Web incentrato totalmente su Bitcoin. Ecco svelata la grande differenza.
Mentre il Web3 fonda le sue basi sulla tecnologia blockchain e la decentralizzazione dela rete, il Web5 è un sistema basato interamente su un solo network distribuito. Questo perché, secondo Dorsey, Bitcoin dovrebbe essere il pilastro su cui in futuro si muoverà il web. Non a caso, l’imprenditore aveva già criticato il Web3 in passato, definendolo sotto il controllo di Venture Capital e quindi certamente non decentralizzato.
In definitiva, il principale obiettivo del Web5 sarebbe quello di dare finalmente agli utenti il totale potere e controllo sulla propria identità digitale e su tutti i relativi dati grazie a strumenti (veramente) decentralizzati. Se questo si dovesse realizzare, non dovremmo più cedere le nostre informazioni personali a imponenti multinazionali.
Ma sarà davvero così?
Come abbiamo già detto, ad oggi il Web3 è ancora un obiettivo da raggiungere piuttosto un qualcosa che già esiste (e soprattutto funziona!)
È chiaro però che il processo di cambiamento è ormai irreversibile: la tecnologia blockchain ha dimostrato di poter funzionare e ora è il momento che entri nella società e nella vita di tutti i giorni. Il Web3 – ed in caso poi il Web5 – sarà una rivoluzione epocale che segnerà il nostro modo di navigare e vivere il Web.
E le criptovalute, nel caso ci fosse bisogno di dirlo, avranno un ruolo da protagoniste in tutto questo.
Non sappiamo ciò che accadrà domani, ma chi intuisce in quale direzione sta andando la società e l’innovazione sarà un passo avanti gli altri se deciderà di studiare e tenersi informato.
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