Con questo articolo andremo a spiegare cosa sono gli Exchange Traded Fund (da ora in poi ETF) e quanto possono influire sui prezzi nell’ecosistema delle criptovalute.
Cos’è un ETF?
Con ETF si identifica un particolare tipo di fondo di investimento (o Sicav) facente parte delle categoria Exchange Traded Products (ETP). Le sue due caratteristiche peculiari sono:
1) di poter essere negoziato sui mercati (borse) con le stesse modalità di un’azione/obbligazione;
2) è un paniere di titoli (come qualsiasi fondo) che replica la composizione dell’indice di riferimento (benchmark) con una gestione passiva.
E’ importante sottolineare che è uno strumento il quale non tiene conto dell’abilità di compravendita del gestore. Viene infatti definito a gestione passiva perchè replica le performance dell’indice a cui si riferisce.
Per cercare di chiarire meglio il concetto, potremmo dire che per investire sull’andamento della borsa italiana (FTSE MIB) dovremmo comprare tutti i titoli quotati e in quantità pari alla percentuale di valore e del “peso” che queste rappresentano sul mercato. Immaginate quanto possa essere complicata questa operazione e soprattutto quanto tempo necessita monitorarla. Con l’EFT legato al benchmark FTSE MIB invece è possibile con un’unica operazione ottenere il medesimo risultato a costi decisamente più bassi.
Vale la pena spendere anche qualche parola sui costi di gestione perchè, soprattutto per i piccoli risparmiatori, rappresentano molto spesso un problema rilevante. Difatti le commissioni annue (TER) per questo particolare strumento finanziario sono di solito molto basse e non hanno costi di ingresso o di uscita o legate alle performance. Il TER si paga in proporzione al periodo di detenzione dell’ETF e varia da un minimo dello 0.1% ad un massimo dell’1,5% ma difficilmente supera lo 0.5%.
Quali sono i benefici dell’investimento in ETF?
Vediamo ora quali sono le caratteristiche principali che rendono l’ETF uno strumento molto utilizzato:
- diversificazione: è possibile con un unico acquisto diversificare immediatamente il proprio investimento addirittura su un intero indice,
- bassi costi: come abbiamo visto, i bassi costi di gestione nel lungo periodo non vanno ad incidere sui rendimenti avvantaggiando l’investitore,
- trasparenza: si ha sempre una chiara visione dell’andamento e della composizione,
- tempo reale: i tempi di acquisto o di vendita sono molto bassi e consentono di entrare e di uscire in un unico colpo da tutto l’indice in un momento preciso,
- liquidità: essendo strumenti quotati, gli ETF sono strumenti estremamente liquidi,
- analisi strategica: è possibile stabilire una strategia sul medio lungo periodo sfruttando i trend macroeconomici.
Abbiamo detto che gli ETF replicano il benchmark di riferimento seguendo la composizione e i pesi detenendo i singoli assets. Esistono tuttavia anche ETF che vengono definiti sintetici. Cercheremo brevemente di spiegarne la differenza senza andare troppo sul tecnico. Pensiamo ad esempio ad un mercato difficile da replicare a costi ragionevoli perchè magari poco liquido o perchè trattato in un differente fuso orario, oppure il caso di materie prime difficili da stoccare. Per ovviare a queste problematiche la replica dell’indice avviene tramite contratti derivati detti swap. Tuttavia chi stipula uno swap con ETF può fallire anche se il limite è fissato al 10%.
Esistono anche ETF a replica fisica a campionamento vale a dire un prodotto formato solo dai principali titoli di un mercato. Questi permettono in momenti di salute generale del mercato di avere performance decisamente migliori, ma al contrario in momenti di calo generale di mercato di perdere di più.
L’ETF sull’ORO, similitudini col Bitcoin
Ora che abbiamo chiarito più o meno cosa sono e come funzionano gli ETF, cercheremo di analizzare storicamente che impatto hanno avuto sui prezzi nei mercati in cui sono entrati in funzione. Emblematico è il mercato dell’oro che molto ha a che vedere con Bitcoin. Sappiamo infatti che la supply limitata a 21 milioni di coin e la modalità di creazione degli stessi si avvicina molto, almeno a livello concettuale, all’oro. Difatti da molti Bitcoin viene definito l’oro digitale per eccellenza. Su questo discorso sarebbe necessario un approfondimento ma lo vedremo semmai nei prossimi articoli.
Nella prima immagine possiamo vedere il mercato dell’oro dal 1970. Dopo l’impennata degli anni 80 dovuto a ragioni politiche, il prezzo è continuato a scendere fino ai primi anni 2000. Nel 2003 nasce il primo ETF sull’oro e da quel momento il prezzo comincia una salita verticale per i successivi 5 anni, portandolo a livelli mai visti prima. A piazzare il primo ETF sull’oro furono Deutsche Bank e Rothschild bank. Insieme portarono il prezzo per singola oncia a superare i 1500$ con un rialzo di oltre il 400%.

Come detto sopra l’ETF semplifica gli scambi e ha costi molto bassi; proviamo ad immaginare un investitore che voglia investire una cifra importante sull’oro quali difficoltà si troverebbe ad affrontare. Dovrebbe innanzitutto trovare un venditore che disponga della sufficiente quantità di oro, trasportarlo in un luogo sicuro e sostenere i costi derivanti dalla sua custodia. Tutto questo processo ovviamente richiederebbe dei tempi notevolmente più lunghi. Nel momento in cui volesse vendere, i problemi sarebbero gli stessi se non ancora maggiori. Pertanto il bene rifugio per eccellenza è entrato di colpo nel mondo della finanza, fornendo uno strumento nuovo per disporre in tempi brevi della sicurezza che il metallo prezioso può offrire.
In un mondo globalizzato come quello in cui viviamo siamo tuttavia costretti a subire una serie infinita di restrizioni. Questo è visibile sia sulle movimentazioni di capitale che sui suoi tempi biblici di attesa. Ancora oggi le banche per l’accredito di un semplice bonifico chiedono i famosi “tre giorni banca” e anche se per fortuna stanno prendendo piede i bonifici istantanei, comunque sono legati a costi inverosimili.
Bitcoin e più in generale le criptovalute permettono transazioni quasi istantanee a costi irrisori, il tutto favorendo la disintermediazione. Tuttavia un investitore tradizionale potrebbe avere qualche timore a custodire un asset in forma digitale. Senza considerare comunque i costi per la conservazione, perchè se è vero che per un investitore privato la questione è di poco conto, per un investitore istituzionale la cosa assume un peso differente, ad esempio i costi di assicurazione ecc.
In ultimo, ma non per importanza, bisogna considerare la barriera all’entrata, vale a dire quel patrimonio minimo di conoscenze informatiche necessarie per sapersi muovere in questo mondo.
L’ETF consentirebbe quindi a una grande pluralità di investitori di accedere a questo mercato abbattendo di fatto i costi, la necessità di comprendere i meccanismi e le difficoltà nella gestione.
Gli ETF sulle criptovalute sono possibili?
Nel corso degli ultimi mesi abbiamo assistito all’aumento della domanda di ETF sul Bitcoin nonostante le svariate perplessità più volte espresse dalla Security Exchange Commission (da ora in avanti SEC). Da mesi ormai si susseguono le voci di una probabile approvazione dello strumento. Il motivo sono le pressioni esercitate dalla istituzioni finanziarie sempre più interessate a investire su questo nuovo mercato.
In questo scenario un via libera da parte della SEC determinerebbe quasi sicuramente quel tanto atteso rimbalzo del prezzo delle criptovalute che da mesi restano intrappolate nel Market Cap (capitalizzazione di mercato) compreso tra i 2030 e 2050 miliardi di dollari.
Questo darebbe al mercato la fiducia necessaria a fare maggiore chiarezza sul fronte della regolamentazione. Un passo importante in questo senso è già stato compiuto quando la SEC ha ha affermato: “Bitcoin ed Ethereum allo stato attuale non sono classificabili come security”.
Ma cosa significa utility token e security token? Molto semplicemente possiamo affermare che la differenza principale sta nel fatto che il security token deriva il suo valore da un asset esterno e quindi terzo. Vale a dire che il token ha valore perchè si “aggancia” a qualche altra cosa e quindi diviene soggetto alla federal security regulation. Tutti questi adempimenti eventualmente li tratteremo in un altro articolo.
Il fatto quindi che Bitcoin ed Ethereum siano considerati utility token è già un grosso scoglio che si è evitato sulla rotta verso la concessione delle licenze.
Ma concretamente cosa possiamo prevedere riguardo al prezzo qualora questi benedetti ETF dovessero effettivamente diventare accessibili a tutti? Proviamo a dare una risposta nel prossimo paragrafo.
Quale prezzo potrebbe raggiungere Bitcoin con gli ETF?
Bitcoin è indubbiamente il re delle criptovalute, da solo ha una percentuale del mercato (dominance) che si aggira intorno al 51% dell’intero ecosistema delle criptovalute. Vale a dire che Bitcoin pesa 1040 miliardi di dollari su un valore dell’intero mercato che è di 2037 miliardi di dollari. Attualmente il prezzo si aggira sui 60.000 / 65.000 dollari e ci sono in circolazione circa 18 milioni di unità. In realtà esistono molti wallet in disuso da anni contenenti grossi quantitativi di Bitcoin tra cui quello del creatore che contiene 1 milione di coin. Da studi fatti possiamo stimare in circa ⅔ la reale disponibilità, quindi circa 12 milioni di Bitcoin circa. Il valore delle borse mondiali ha superato quest’anno gli 80.000 miliardi di dollari. Abbiamo detto che Bitcoin ne vale 1040 di miliardi, quindi paragonandolo ai mercati mondiali rappresenta circa 1% del valore.

E’ facile secondo il mio modesto parere, rendersi conto che il valore attuale è decisamente inferiore rispetto al potenziale. Bisogna infatti considerare che non è possibile creare più di 21 milioni di Bitcoin, anche se questo è frazionabile fino a 7 decimali.
Basterebbe che i mercati riversassero lo 0.15% della loro liquidità in questi ETF per veder schizzare il prezzo “To the moon” come amano dire coloro che seguono questo mercato. Significherebbe un rastrellamento senza precedenti degli exchange per accaparrarsi quei pochi Bitcoin disponibili spingendo il prezzo a livelli mai visti finora. Questo ovviamente comporterebbe una crescita esponenziale della domanda con conseguente ulteriore innalzamento dei prezzi.
Consideriamo che al mondo ci sono circa 36 milioni di milionari, vale a dire persone che hanno un patrimonio di oltre 1 milione di dollari, comprendiamo facilmente che non basteranno per tutti.
Chi sono i player che stanno giocando questa partita?
La scorsa estate furono presentate tre domande:
- ProShares per due ETF da trattare sulla borsa ARCA del NYSE;
- Direxion, per altre cinque formule di derivati;
- Graniteshares per due prodotti da trattare sul CBOE.
Tutte e tre respinte perché si legge: “Comunque la Commissione deve respingere la proposta perchè non ci sono prove nelle registrazioni che dimostrino che i future su bitcoin della CME e CFE siano dei mercati di dimensioni significative..”
Significa che gli exchange non hanno fornito prove circa una sufficiente resistenza alla manipolazione dei prezzi.
https://www.sec.gov/rules/sro/nysearca/2018/34-83904.pdf
https://www.sec.gov/rules/sro/nysearca/2018/34-83912.pdf
https://www.sec.gov/rules/sro/cboebzx/2018/34-83913.pdf
Attualmente VanEck è una società di investment management con sede a New York. Vanta qualcosa come 46 miliardi di dollari in assets gestiti con la partecipazione di Solidx, fiorente società attiva in ambito blockchain. Insieme hanno proposto il loro ETF e sono sotto esame dalla SEC. Vedremo come si esprimerà visto che il nuovo commissario della SEC, Elan Roisman nominato da Trump , viene definito Crypto-Friendly.
https://u.today/make-bitcoin-rise-again-trumps-new-crypto-friendly-sec-pick-wins-senate-confirmation
Rimane da discutere se sia veramente tutto oro quello che luccica, perchè se è vero quello che abbiamo scritto circa la semplificazione, è anche vero che nel mondo della finanza tradizionale i grandi market maker fanno “Il bello ed il cattivo tempo” come si suol dire. Ad esempio sul mercato delle commodities questi player sono stati e sono in grado di manipolare il mercato a piacimento. Consiglio il seguente articolo per un approfondimento.
https://trading-blog.assistenzabrokers.it/market-maker-manipolatori-del-mercato/
Conclusione
E alla fine a chi appartengono le chiavi private dei bitcoin che voi avete comprato con un ETF? Appartengono al gestore del fondo, pertanto si beneficia solo della presa di profitto senza usufruire delle innumerevoli proprietà del Bitcoin, come ad esempio l’anonimato. Questo farebbe molto comodo ai governi che ostacolano l’anonimato delle cripovalute. Per finire, qualora ci dovesse essere un hardfork o un airdrop, le nuove coin derivanti a chi apparterrebbero?
Ci sono sempre dei pro e dei contro, certamente quello che possiamo immaginare è che se anche una piccola parte del capitale presente negli stockmarket si riversasse in questi strumenti, l’ecosistema delle criptovalute nel suo insieme ne beneficerebbe enormemente nel breve periodo.
Per maggiori approfondimenti scaricate gratuitamente “La prima guida semplice alle crypto”:
https://koinsquare.us3.list-manage.com/subscribe?u=eae4c39c44636cabcaad3f747&id=e8e343bf79
A cura di Pietro “BilL” Bianchi per Koinsquare